Periodo Yayoi: 250 a.C. - 330 d.C.
All’incirca nel terzo secolo avanti Cristo una ulteriore ondata migratoria composta di etnie mongole, arrivò dal sud della Cina e dalla Corea. Gruppi etnici più numerosi vennero cacciati da quelle zone a causa di guerre e dalla sempre crescente espansione dell’Impero Cinese sotto l’impulso della Dinastia Ch’in (221 – 207 a.C.) che riuscì per la prima volta ad unificare la Cina.
La successiva dinastia Han (207 a.C. – 220 d.C.) favorì tale espulsione. Quei gruppi appartenevano Chiaramente ad etnie mongole; una volta che essi ebbero raggiunto l’arcipelago giapponese, vi stabilirono la cultura Yayoi, dopo essersi incrociati, almeno in piccola misura, con gente di etnia e cultura Jomon. Secondo le più recenti ricerche, i giapponesi contemporanei sarebbero il risultato di questo incrocio. Gli Jomon e gli Yayoi appartenevano chiaramente ad etnie diverse tra loro, sia dal punto di vista della razza (gli Jomon erano di origini mongoliche) e sia dal punto di vista dei loro manufatti. Il vasellame della cultura Yayoi, che prende il suo nome dal sito dove per la prima volta tali reperti vennero rinvenuti, reca decorazioni più sobrie di quelle dei manufatti Jomon.
La cultura Yayoi possedeva già il tornio a ruota per la lavorazione del vasellame e conoscevano la lavorazione del bronzo e del ferro; praticava l’agricoltura e portò con se dal continente il cavallo, la mucca e la coltivazione del riso. Presso insediamenti successivi vennero rinvenuti numerosi oggetti risalenti alla dinastia cinese Han, compreso monete, specchi, campane in bronzo ed anche armi da punta e da taglio quali lance e spade. Nel suo complesso, l’arrivo di questi nuovi gruppi etnici, dette origine ad un ordine tecnologico completamente nuovo nelle isole del Giappone, pervase fino a quel periodo solamente dalla cultura Jomon di caccia e raccolta.
Mentre la gente Jomon ancora si costruiva le punte di freccia in selce, gli Yayoi erano invece in grado di forgiarsi punte in ferro, anche se continuavano a produrre punte in selce poiché tale processo costruttivo era più semplice ed economico. Le frecce tirate infatti spesso non potevano più essere recuperate e dovevano perciò essere velocemente rimpiazzate. La necessità di frecce doveva essere considerevole anche perché la coltivazione del riso ebbe come conseguenza il sorgere di conflitti per il diritto di proprietà delle terre e delle acque.
La più antica raffigurazione artistica di arco e frecce sinora rinvenuta in Giappone risale proprio al periodo Yayoi. Si tratta della decorazione su di una campana in bronzo (terzo secolo avanti Cristo) che rappresenta scene di caccia e mostra, tra altre cose, un arciere che ha appena scoccato una freccia. Quell’arciere sta impugnando il suo arco ad un terzo della lunghezza totale verso il basso.
Da questo reperto si evince che l’arco del periodo Yayoi era chiaramente asimmetrico come quello Odierno. Sulle ragioni di questa asimmetria (che l’arco Jomon non aveva) si sono fatte molte congetture ma le più plausibili sono forse da ricercarsi nelle tecniche di caccia e di guerra degli Antichi Yayoi. Durante la pesca con l’arco essi infatti dovevano tenere l’arco stabile appena al di sopra della superficie dell’acqua, ed attendere che il pesce giungesse a tiro: archi dal flettente inferiore più corto erano perciò più adatti a tale scopo.
04) – tavola schematica dei materiali e delle tipologie costruttive in funzione del tempo.
Tale paziente attesa, che ancora oggi è una caratteristica particolarmente coltivata dai giapponesi, pare fosse praticata anche durante la caccia e nei conflitti armati. Questo pare confermato da un certo numero di teschi con fori nel cranio risalenti all’epoca Yayoi.
Dall’angolazione di impatto delle frecce pare che gli arcieri attaccanti fossero accovacciati
sopra a degli alberi ad attendere l’arrivo degli avversari per colpirli dall’alto: un arco con la parte inferiore più corta sarebbe più agevole all’uso anche in questi frangenti, tuttavia le vere ragioni del mantenimento invariato di questa unica forma asimmetrica, oltre che in ragioni di ingombro, andrebbero ricercate nella inconsueta lunghezza delle frecce usate e nel tipo di materiale in seguito sempre impiegato per la costruzione dell’arco giapponese: il bambù.
Il bambù, anche se incollato longitudinalmente, conserva comunque una marcata tendenza a fendersi nel senso della lunghezza, specialmente se usato per fare un arco corto, di qui la necessità di mantenere molto lungo. L’arco giapponese, è infatti il più lungo al mondo misurando anche oltre i due metri e quaranta. All’atto pratico un arco di tale inconsueta lunghezza, anche se aperto a lunghezze di freccia considerevoli, sarebbe assai poco efficiente se impugnato al centro come un normale arco occidentale. Lo spostamento dell’impugnatura ad un terzo dal basso aumenta di molto sia la forza (carico) dell’arco che la velocità in uscita della freccia, ed in seguito si scoprì che questo tipo di arma recava in se altre potenzialità rispetto alla semplice flessione; tale aspetto verrà esposto nella parte dedicata alle scuole di tiro codificate di arco giapponese (Ryu).
A causa di questa sua asimmetria, l’arco del periodo Yayoi può essere considerato a buon diritto Il prototipo dell’arco tradizionale asimmetrico ancora oggi usato nel Kyudo. Questa forma asimmetrica venne mantenuta anche perché facilitava l’uso dell’arco da cavallo (yabusame).
06) – Tavola schematica temporale della relazione tra l’arcieria e la cultura giapponese.
Periodi Yamato (300 – 710 d.C.) e Heian (794 – 1192)
Le seguenti epoche Yamato ed Heian conobbero comunque solamente l’uso dell’arco semplice, ricavato da un unico pezzo di legno in forma asimmetrica, tale arma veniva impiegata sia per la caccia che come arma in dotazione alle prime forme di milizie locali, al soldo dei primi “signori della guerra” a capo di famiglie nobili e proprietati di vasti latifondi.
Durante il tardo periodo Heian, attorno all’inizio dell’undicesimo secolo, apparvero i primi archi giapponesi compositi, vennero chiamati Fuse-take yumi (fuse = ricoprire; take = bambù; yumi = arco). Nei primi esemplari solamente la faccia esterna o dorso era ricoperta e rinforzata con uno strato di bambù, ed allo stesso tempo si continuava anche ad usare il vecchio tipo di arco in solo legno a sezione rotonda. Questo accadeva perché i nuovi archi compositi si rompevano facilmente a causa delle ancora imperfette tecniche di costruzione, ed il materiale usato per fare avvolgimenti di rinforzo non teneva a sufficienza.
In seguito gli archi vennero costruiti in diversi strati di bambù e legno (gelso o catalpa). Questo nuovo tipo di arco asimmetrico composito gradualmente soppiantò il vecchio arco semplice in un solo pezzo di legno poiché era aumentata notevolmente la sua efficienza e durata.
Questo sviluppo nelle tecniche costruttive degli archi si concluse a quanto sembra solamente al tempo delle guerre Gempei (1180 – 1185), che videro raffinarsi al massimo grado le armi e le tecniche marziali sotto l’impulso delle due più influenti famiglie che si contesero il controllo del paese: i Taira e i Minamoto. Tali tecniche costruttive vennero poi lievemente migliorate durante il seguente periodo Kamakura.
08) – Un Samurai a cavallo che indossa il voluminoso Horo, un mantello studiato per deflettere le frecce. Nei periodi successivi l’Horo rimane, pur conservando solo una funzione ornamentale.
Periodo Kamakura : 1185 – 1333).
Il periodo Heian venne caratterizzato, tra le altre cose, da intensi contatti con il potente “vicino”Cinese, che già da lungo tempo possedeva l’arco composito. Vi sono quindi buone ragioni per ritenere che fu in quel periodo che le tecniche di costruzione a strati dell’arco composito raggiunsero il Giappone provenendo però dalla Cina. Anche in questo vi sarebbe un classico esempio di come la civiltà giapponese si sviluppò in molti campi: applicando un concetto cinese ad un oggetto giapponese.
Il tiro con l’arco venne essenzialmente praticato come “Kyu-jutsu” (Kyu = arco, jutsu = tecnica), durante tutto il periodo Kamakura, quindi veniva vissuto essenzialmente come una tecnica finalizzata ad un risultato nel tiro. L’elemento “tecnica” rimase predominante fino a quel periodo sebbene gli aspetti spirituali e cerimoniali non fossero affatto sconosciuti. Il Confucianesimo che raccomandava il tiro con l’arco come mezzo per perfezionare la personalità (sebbene più da un punto di vista formale), si era, dopo tutto, stabilito in Giappone fin dal quarto secolo.
Verso la fine del dodicesimo ed agli inizi del tredicesimo secolo, il Buddismo Zen venne introdotto In Giappone ad opera del monaco buddista Eisai (1141 – 1215). L’impatto dello Zen fu notevole per la cultura giapponese, specialmente quando tale visione venne in stretto contatto con il potere costituito del tempo: lo Shogunato Kamakura. Sotto quel silenzioso e potente influsso, tutte le arti marziali dei guerrieri giapponesi (Bushi – Samurai; Bushi = guerriero, Samurai = colui che è al servizio) iniziarono a cambiare. Il concetto di Kyu-justu come tecnica continuò ad esistere fino ad
inoltrato periodo Tokugawa (1600 – 1868), ed esiste tuttora in contrapposizione a “malintesi mistici” che tratteremo in seguito, tuttavia la nuova visione della realtà contenuta nel buddismo Zen venne adottata dai Samurai molto presto dal suo manifestarsi.
Firma
STEFANO BENINI...