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 Ritenete il vostro arco protetto dall'umidità? 
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Iscritto il: 27/07/2010, 9:00
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penso che comunque il fatto che l'arco "composito" si sia diffuso maggiormente in alcune regioni piuttosto che in altre sia per un insieme di motivi. uno di questi potrebbe essere anche il fattore climatico ma probabilmente non il solo. fattori culturali, tradizionali, di utilizzo pratico, economici, storici ecc ecc possono aver contribuito in percentuali più o meno importanti a seconda dei casi e delle epoche. generalizzare e riudurre il tutto ad uno solo penso sia un po limitativo. ogni periodo ed ogni contesto andrebbe poi analizzato nel dettaglio.

ciao!


18/09/2012, 10:17
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Iscritto il: 26/11/2010, 17:52
Messaggi: 166
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Forse... i propenderei per un'altra definizione: il composito è nato per la necessità di tirar frecce da cavallo, perchè i coreani, i cinesi, i magiari, i bizantini, gli iraniani, avevano ed hanno ancora legni da arco a disposizione; gli unici scalognati potevano essere i mongoli che avevano cavalli a iosa ma pochissime piante.

su questo sono daccordo, o almeno per alcune popolazioni. di archi compositi comunque ne sono esistiti numerosissimi tipi diversi. ad esempio presso gli Egiziani sono stati introdotti in un secondo tempo ed utilizzati insieme a quelli di legno tradizionali pur non essendo proprio degli archieri a cavallo per antonomasia come potevano essere ad esempio gli Sciti. e comunque i compositi egizi erano diversi da quelli propriamnte "da cavallo".

ciao![/quote]
Ok, l'arco composito può essere nato per l'esigenza di tirare da cavallo ma in certi casi si è sviluppata anche per le truppe appiedate.
Le influenza culturali sono alla base della diffusione di questi oggetti,basti notare in che modo sono stati adottati dalle popolazioni italiche.Il popolo inglese per quanto poco lo conosco anche ricevendo tramite scambi tale tecnologia non l'avrebbe mai adottata rinunciando alla sua tradizione.
L'arciere medio che usava un arco composito(fino al 1300 almeno) comunque non apparteneva al volgo,ma in certi casi(anche in Italia) apparteneva ad una classe agiata e culturalmente formata.Il tipo di tiro, la manutenzione dell'arco e l'addestramento non si addice ad un arciere comune, e figuriamoci se in qualche modo non si riusciva a rendere efficace quest'arco anche in un clima umido.
Probabilmente anche le pitture decorative servivano in qualche modo ad isolarli.Boh?ad esempio dalle mie parti la betulla non esiste.
Il problema della ricostruzione corretta in questo caso è dato dall'interruzione della tradizione (ma si sopperisce con i reperti e le fonti) ma soprattutto con il pensiero moderno di efficienza e durata che prevarica sul pensiero e i modi di agire dell'epoca.


18/09/2012, 11:00
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Iscritto il: 27/07/2010, 9:00
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ciao Pierluigi, sono d'accordo con te, il fattore tradizionale assumeva una grande importanza. il caso degli archi "da cavallo" però è molto significativo.

Il fattore più influente di tutti credo sia l’importanza che un arma riveste per un popolo. Chi fondava la propria strategia soprattutto su una cavalleria rapida e leggera che colpiva da distanza con l’arco sviluppava naturalmente in maniera più sofisticata quest’ultimo rispetto a chi magari lo utilizzava magari solo in determinati contesti ma affidava l’esito delle contese principalmente ad altre armi. Non solo gli archi ad esempio degli Sciti erano già in epoche molto lontane tra i più sofisticati e complessi da costruire ma anche l’utilizzo delle staffe (nato proprio per agevolare il tiro da cavallo) è originario di quelle aree.
I Romani potevano permettersi il lusso di assorbire le migliori armi e tecnologie dei popoli conquistati e quindi per ogni arma alla fine riuscivano ad avere il meglio e le usavano a seconda dei casi e dei contesti.
Se vogliamo vedere, per tornare al discorso umidità, allora anche le balestre ad arco composito non avrebbero dovuto diffondersi molto nell’”umida Europa” mentre sappiamo che invece erano diffusissime ad esempio all’interno della Svizzera (non proprio un deserto) , in Gernania e Scandinavia. Il fatto è che per certi motivi in determinati contesti si è ritenuto che fosse un arma indispensabile e importante. Quando non ci sono necessità nuove, cambiamenti radicali, il fattore culturale e tradizionale rimane comunque un substrato che ha grande influenza.
ciao!


18/09/2012, 11:25
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Iscritto il: 26/02/2011, 11:43
Messaggi: 2674
cosa accade al contrario ad un arco che perde troppa umidità ?

forse un buon isolamento serve più a non far perdere umidità.

mi spiego : un legno verde le frecce le tira comunque e non è soggetto a rotture, senza badare troppo ai 10 metri in più o in meno .

un legno troppo asciutto rischia di esplodere o no?


18/09/2012, 16:07
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Iscritto il: 30/06/2010, 13:12
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Località: pozzo della ignoranza
bac ha scritto:
un legno troppo asciutto rischia di esplodere o no?


Non rischia , esplode proprio :evil:
Piu' per sfizio che per altro ho pesato il caddo2 che uso adesso dopo che in laboratorio l'umidita' relativa era passata dal 67% al 43% scoprendo che aveva guadagnato 8 libre ( da 70 a 78 )
ovvio che gli ho fatto impacchi di acqua fredda :roll:


18/09/2012, 16:37
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Iscritto il: 17/03/2011, 0:24
Messaggi: 2037
Località: tra l'oglio ed il chiese
Ciao Jeval
jeval ha scritto:
bac ha scritto:
un legno troppo asciutto rischia di esplodere o no?

Non rischia , esplode proprio :evil:
Piu' per sfizio che per altro ho pesato il caddo2 che uso adesso dopo che in laboratorio l'umidita' relativa era passata dal 67% al 43% scoprendo che aveva guadagnato 8 libre ( da 70 a 78 )
ovvio che gli ho fatto impacchi di acqua fredda :roll:

E questa potrebbe essere la spiegazione del perchè col gelo invernale gli archi si rompono più spesso.
Avevo scritto quasi un poema ma l'ho perso perchè al momento dell'invio il forum mi ha richiesto nuovamente la password.... mannaggia.
Un saluto da Raff


19/09/2012, 2:04
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Iscritto il: 27/07/2010, 9:00
Messaggi: 2594
a questo punto mi sorge una domanda. che rapporto o differenza c'è tra la stagionatura e la percentuale di umidità che un arco di legno assume o perde a seconda delle condizioni atmosferiche?
ciao


19/09/2012, 8:49
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Iscritto il: 17/03/2011, 0:24
Messaggi: 2037
Località: tra l'oglio ed il chiese
Salve a tutti,
Mi piace vedere la partecipazione attiva unitamente all'espressione dei propri convincimenti ed esperienze, fanno cultura nell'ambito di un forum e sopratutto ampliano le conoscenze di tutti.

La differenza di successo nella preferenza di impiego fra l'arco monoligneo ed il composito, secondo il mio piccolo punto di vista, è da ricercare non nella possibilità che il composito si possa rovinare con l'umidità, quanto nella diversità di impiego.
Ma, permettetemi una divagazione... voi direte “ambedue tirano frecce ed in special modo il longbow di potenza tira frecce sicuramente più pesanti con conseguenze più letali.” Ad onor del vero il paragone andrebbe fatto con archi di egual potenza prima di affermare che l'arco dell'Albione sia superiore . La distanza la lasciamo da parte, per il momento.
Gli Inglesi fecero del longbow l'arma vincente nelle battaglie schierando battaglioni di arcieri in prima linea, a fianco della cavalleria e dei fanti; ad Azincourt vinsero per il fatto che i Francesi di nobile lignaggio, aspiranti di gloria cavalleresca e senza tener conto degli effetti, tolsero la prima linea agli arcieri e balestrieri ed impedirono agli stessi il tiro coi loro vistosi gonfaloni, ma al contempo offrirono le loro nobili figure, come carne da macello, nel pantano di melma, agli arcieri Inglesi e fu un altro trionfo del longbow di tasso. Se i nobili francesi non avessero impedito il tiro delle frecce, forse la battaglia non sarebbe finità così
Le tecniche di guerra degli arcieri orientali erano molto diverse: dapprima venne impiegato come arma da carro, i famosi carri Ittiti, per intenderci, erano a tre “posti”: l'auriga, un arciere ed un fante con lancia. Essi caricavano lo schieramento avversario lanciando frecce e solo se lo schieramento dava segni di sbando proseguivano scompigliando la truppa, altrimenti viravano prima di arrivare a tiro dei giavellotti nemici e ripetevano l'azione.
Un altro impiego era quello di tirar frecce stando a cavallo, non per nulla siamo tutti d'accordo sul fatto che gli orientali hanno sviluppato per primi sia il morso sia le staffe; il controllo del cavallo e la stabilità del cavaliere erano molto importanti.
E qui i romani che avevano preferito il gladio all'arco ne fecero una brutta esperienza:
Plutarco, riferendosi alla disfatta dei Romani guidati da Crasso, nella battaglia di Carre, riporta:

….... I Parti scagliano dardi anche in fuga e lo sanno fare meglio di qualunque altro popolo, dopo gli Sciti […]. Le frecce conficcate nelle membra si spezzavano dentro le ferite […]. Quando Publio esortò i Romani a lanciarsi sui catafratti, essi gli mostrarono le mani inchiodate agli scudi, e i piedi confitti al suolo da una freccia che li passava da parte a parte.
Correva l'anno 53 a. C. e L'Impero Romano era a metà della sua esistenza ma questa sconfitta gli fece cambiare le idee sull'arco nelle battaglie.
La storia non ci dice come avvenivano le famose scorrerie dei Mongoli e poi degli Unni? Ma anche i cavalieri Goti usavano tecniche uguali.
Usavano, gli orientali, anche armare la truppa con archi, ma questo avvenne un po' più tardi e finì, ad esempio, cogli Iraniani che abbandonarono l'arco militare solo nel 1820.
Nel resoconto delle prime crociate si narra che i fanti in marcia verso Gerusalemme venivano bersagliati con notevole danno da arcieri Mussulmani nascosti ed invisibili dietro i pendii rocciosi delle valli che rappresentavano il percorso: letali ed imprendibili.

L'arco composito è corto, ma veloce, maneggevole sia stando su di un carro, sia cavalcando un cavallo, sia occultandosi dietro a nascondigli improvvisati: un arco per tutti gli impieghi, utilissimo anche nella caccia nel folto di una foresta; il longbow no, è troppo lungo ed il suo impiego è limitato agli ampi spazi liberi.
Diverso è il caso della balestra. Il suo “successo” l'ebbe per il solo fatto che i suoi tiri erano più potenti, devastanti e di più facile uso rispetto agli archi ma oltremodo costosa, ma il suo impiego in guerra era limitato data la sua scadente cadenza di tiro. In Italia divennero famosi i Genovesi e mi sembra (vado a mente) i Pisani; di certo i nobili l'acquistavano volentieri ma finiva quasi sempre per essere usata per la caccia.

Ma il composito ha il limite nel pericolo rappresentato dall'umidità; le lacche, le cortecce, le vernici decorate possono solo rallentarne il suo ingresso, ma è solo questione di tempo ed il suo lungo uso in un ambiente umido ne decreta la sua fine, per i fatto che qualsiasi trattamento potrà solo rallentare, magari in modo deciso, l'ingresso o l'uscita dell'umidità. L'impermeabilità totale era impossibile da ottenere, ancora oggi non la si ottiene se non con impregnazioni sotto vuoto, ma a questo punto si ottiene un qualcosa che è più plastica che legno.

Ma gli studi e tabelle moderne ci dicono che possiamo stare tranquilli: alla temperatura di 20° con una percentuale di umidità ambientale del 50-60 % il legno, in genere salvo piccole differenze, si stabilizza alla percentuale del 10-13 %.
Attenzione però: un aumento dell'umidità ambientale al 75-80 % farà salire l'umidità del legno di un 4-6 % in più, portando il totale dell'umidità del nostro arco a valori del 14-19% ragion per cui un arco non dovrebbe mai essere conservato in una cantina buona per i salami.
Maghin, tieni presente che un locale con la vecchia “cucina a legna” può arrivare a percentuali di umidità del 45 %.
Ma anche una caduta dell'umidità ambientale al 35 % provoca una caduta di umidità nell'arco al valore finale del 5% . Ma tutto questo è anche in relazione al peso dell'arco: massa, ma pericolosissimo.
C'è da aggiungere che il freddo (T° sottozero) può di rendere l'aria estremamente secca per il motivo che l'umidità ambientale gela e si deposita al suolo in vari modi, specialmente in montagna.
Sarà questa la causa delle tante rotture invernali?

Evitate di bagnare con acqua un arco, in special modo se non è stato trattato: le fibre imbibendosi si gonfiano, si muovono ed eventuali pieghe tendono a ritornare. Durante la fase di asciugatura, il legno bagnato deve rispettare le stesse regole della stagionatura pena ritiri e flessioni strane: è il caso della barca che viene tratta a secco o della botte del vino estratta dalla cantina e lasciata al sole, ma anche dei pali delle viti che si spaccano asciugandosi velocemente al sole dopo un periodo di umidità elevata.
Certo, questi sono casi limite ma i legni sono fondamentalmente di uguale comportamento.
Scusate la prolissicità.
Un saluto da Raff


19/09/2012, 22:46
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Iscritto il: 26/02/2011, 11:43
Messaggi: 2674
le ultime argomentazioni mi piacciono.

alla fine chi fa archi in un determinato luogo arriva sempre al giusto compromesso con la sua umidità.

tu citi i salami , ma se ci fai caso ogni regione ha i suoi, proprio in virtù dei microclimi.


22/09/2012, 20:31
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Iscritto il: 17/03/2011, 0:24
Messaggi: 2037
Località: tra l'oglio ed il chiese
Ciao Bac,
hai ragione; non si può ottenere del buon prosciutto tipo Parma in Sicilia o in Inghilterra o lo spek a Campobasso.
Oggi sui miei archi in osservazione è piovuto; l'umidità esterna è all'88 % dalle ore 17.00 e domani avrò qualche dato in più da esaminare.
Un saluto da Raff


24/09/2012, 21:34
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